Il tempo determinato dopo il “Decreto Dignità”

Com’è noto la l. 96/2018 (legge di conversione del d.l. 87/2018 cd “Decreto dignità”) è intervenuta sulla disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato, non soltanto con riferimento alle causali necessarie per la stipula ma anche sulla durata massima degli stessi.

Come fatto presente ai Ns clienti tramite le istruzioni operative del 9 agosto attualmente è in vigore il regime transitorio che però termina a breve, il 31 ottobre 2018 p.v., durante il quale ai contratti a tempo determinato stipulati prima del 14 luglio è ancora possibile applicare la disciplina previgente.

Dalla riforma rimangono esclusi una serie di rapporti che fanno a riferimento:

  1. agli operai agricoli a tempo determinato la cui disciplina si trova all’interno del d.lgs. 375/1993;
  2. ai richiami in servizio dei volontari del Corpo dei Vigili del Fuoco;
  3. ai contratti a termine del personale con qualifica dirigenziale;
  4. ai rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, nel settore del turismo e del commercio, nei casi individuati dalla contrattazione collettiva, fermo restando l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;
  5. ai contratti a termine del personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze ed al personale sanitario, anche dirigente, del Servizio Sanitario Nazionale;
  6. ai contratti a tempo determinato ex l. n. 240/2010;
  7. al personale artistico e tecnico delle Fondazioni musicali non si applicano i primi tre commi dell’art. 19 e l’art. 21;
  8. al personale delle Pubbliche Amministrazione continua ad applicarsi l’art.36 del d.lgs. n. 165/2001.

In vista dell’imminente fine del regime transitorio illustriamo di seguito le caratteristiche del nuovo contratto a termine.

DURATA, PROROGHE, RINNOVI

Dai precedenti 36 mesi la durata massima complessiva, facendo quindi riferimento a tutti i contratti a tempo determinato e a tutte le proroghe stipulate con lo stesso prestatore di lavoro, aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, scende a 24 mesi.

Il contratto può avere una durata superiore ai 12 mesi solo in presenza di una delle seguenti causali:

  • esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili della attività ordinaria;
  • ragioni sostitutive;

In caso di stipulazione di un contratto superiore ai 12 mesi o di proroga di un contratto di 12 mesi, in assenza di una delle causali giustificatrici, il contratto si trasforma in un contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento dell’anno. I contratti a termine per attività stagionali possono continuare a essere stipulati senza causali.

Tale limite massimo può essere derogato:

  • con la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato, della durata massima di 12 mesi, presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio;
  • con ricorso alla contrattazione collettiva, anche aziendale, che può prevedere in deroga un limite più elevato.

Il termine finale del contratto può essere prorogato per un massimo di quattro volte, contro le precedenti cinque, quando il contratto iniziale ha una durata inferiore a 24 mesi e con il consenso del lavoratore. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga. Rimane salva l’esclusione dai limiti sulle proroghe alle imprese c.d. “start up innovative” ai sensi del comma 3 art. 21 del d.lgs. 81/2015.

Fermi i limiti di durata massima, se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione complessiva pari al 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza e pari al 40% per ogni giorno ulteriore. È previsto un termine massimo per la prosecuzione oltre la scadenza, pari a 30 giorni, se il contratto a termine aveva una durata inferiore a 6 mesi, e di 50 giorni negli altri casi. Se il rapporto di lavoro prosegue oltre i suddetti termini, il contratto deve essere considerato a tempo indeterminato a partire dalla scadenza dei termini. Qualora il lavoratore venga riassunto a tempo determinato dopo un precedente contratto a termine di durata fino a sei mesi è richiesto un lasso temporale di almeno dieci giorni tra un contratto e l’altro, mentre se la riassunzione avviene dopo un precedente contratto a termine di durata superiore a sei mesi è richiesto un periodo di almeno venti giorni (cd stop&go). Il mancato rispetto degli intervalli temporali provoca la trasformazione del successivo contratto a tempo indeterminato.

LIMITI QUANTITATIVI

Il decreto Dignità non ha modificato i limiti quantitativi di ricorso al contratto a termine stipulati a tempo determinato che possono essere redatti nel limite del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, salvo diverso limite stabilito dai contratti collettivi. Al contrario, dall’11 agosto la legge di conversione ha precisato che, fermo restando il limite previsto per i tempi determinati, il numero di contratti a termine e in somministrazione non può eccedere complessivamente il 30% del personale in forza a tempo indeterminato presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti.

CONTRIBUTO ADDIZIONALE

Il legislatore, inoltre, ha ritenuto opportuno aumentare gli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro, al fine di disincentivare l’uso dell’istituto. Il contributo introdotto dalla legge Fornero, in misura pari all’1,4 % che grava oggi sull’imponibile contributivo di tutti i contratti a tempo determinato e finalizzato a finanziare l’ASpI (ora NASpI), viene incrementato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo (rimangono escluse quindi le proroghe), anche in somministrazione, ad eccezione del rapporto di lavoro domestico.

IMPUGNAZIONE

Il lavoratore ha più tempo per presentare il ricorso avverso la eventuale nullità del contratto a termine: infatti il nuovo art. 28, comma 1, prevede che lo stesso debba essere depositato entro 180 giorni dal licenziamento (contro i precedenti 120).

Dr Alessandro Raimondi
Consulente del Lavoro



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