Il Welfare Aziendale

Cos’è il Welfare Aziendale

Il welfare aziendale è l’insieme coordinato di beni e servizi riconosciuti dall’azienda ai propri lavoratori dipendenti, con l’obiettivo di migliorarne così la loro vita lavorativa e privata. Comprende quindi quei “flexible benefit” che l’azienda, sia per iniziativa propria o attraverso il ruolo della contrattazione collettiva aziendale e territoriale, mette a disposizione al dipendente.

La legge di stabilità 2016

Il reddito da lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, anche in natura, percepiti in relazione al rapporto di lavoro. Nell’intento di agevolare forme di welfare aziendale, con legge di Stabilità 2016, il legislatore ha modificato la lettera f del comma 2 art. 51 comma 2 del T.U.I.R:

  • 51 comma 2 lett. f) non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro per finalità di educazione istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categoria di dipendenti e ai loro familiari […];

ai sensi dell’art. 100 del T.U.I.R. tali somme sono deducibili dal reddito di impresa nel limite del 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente se erogate in forma volontaria mentre sono deducibili completamente nel caso in cui siano inseriti in un contratto/accordo di secondo livello. Da notare inoltre che si parla di opere e servizi e non di somme, il datore deve quindi pagare direttamente questi servizi o mettere a disposizione opere in questo seno (no meccanismo rimborso). Per familiari si deve intendere quelli indicati nell’art. 433 del Codice Civile, ovvero coniuge, figli, e altri parenti e affini entro il secondo grado (questi solo se conviventi con il dichiarante) anche se non fiscalmente a carico. Con circolare n. 326/E del 1997 il Ministero delle Finanze ha chiarito che per “generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti” si intende “la generica disponibilità verso un gruppo omogeneo di dipendenti (anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle opere o servizi o delle somme), poiché, invece, qualunque somma riconosciuta ad personam costituisce reddito di lavoro dipendente”. Quindi si deve intendere come generalità tutti i dipendenti mentre per determinata categoria gruppi di dipendenti omogenei come ad es., tutti i dirigenti, oppure tutti i dipendenti che hanno lo stesso livello o, ancora, la stessa qualifica o mansione ecc).

Inoltre la stessa legge di stabilità ha modificato anche la lettera f-bis del medesimo comma e articolo, introdotta la lettera f-ter e inserito il comma 3 bis:

  • 51 comma 2 lett. f-bis) […] non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari […], dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essa connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari;
  • 51 comma 2 lett. f-ter) […] non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti […]
  • 51 comma 3-bis) Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale. Sarà quindi possibile usare dei Voucher.

Ricordiamo inoltre che quest’ultimi si aggiungono a una serie di benefit che già non concorrevano alla formazione del reddito di lavoro dipendente:

  • contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, per un importo non superiore complessivamente a € 3.615,20;
  • contributi alle forme di previdenza complementare per un importo non superiore a € 5.164,57;
  • somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o fino all’importo complessivo giornaliero di € 5,29 (elevato a 7,00 euro nel caso di utilizzo del ticket elettronico);
  • prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o categorie di dipendenti, anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici;
  • erogazioni effettuate dal datore di lavoro a fronte delle spese sanitarie, spese mediche e quelle di assistenza specifica nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione;
  • erogazioni effettuate dal datore di lavoro a fronte delle spese sanitarie, spese mediche e quelle di assistenza specifica nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione;
  • le azioni offerte alla generalità dei dipendenti fino a € 2.065,83;
  • i beni in natura, dati anche al singolo dipendente, nel caso non superino l’importo complessivo annuo di € 258,23.

La detassazione dei premi di risultato

Allo scopo di migliorare la produttività del sistema economico italiano è stata prevista la facoltà di godere di un’aliquota agevolata sulle somme erogate ai dipendenti per incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Le somme erogate ai sensi del decreto interministeriale godono di un’imposta sostitutiva IRPEF del 10%. Condicio sine qua non per usufruire dell’agevolazione è la stipulazione di un contratto collettivo aziendale con le RSA/RSU, se presenti, con le organizzazioni territoriali e con i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Nel contratto devono essere indicati i meccanismi di calcolo dei premi erogati ai dipendenti. Il contratto deve contenere anche una dichiarazione di conformità rispetto alle norme inserite dal decreto attuativo del 25 marzo 2016 sui premi di produttività e deve essere depositato alla DTL. Dal 2016 è assolutamente escluso che si possa, come in passato, inserire tra le somme detassate anche gli straordinari, di particolare interesse è la possibilità di utilizzare l’agevolazione anche in caso di distribuzione degli utili netti risultanti dal bilancio (art. 2102 c.c.).

La legge di Bilancio 2017, in vigore dal 1.01.2017 ha ampliato ulteriormente tale possibilità. Il nuovo dettato normativo lascia completamente inalterate le disposizioni nella loro struttura ma i valori invece diventano ancora più interessanti poiché l’importo annuo detassabile massimo sale a € 3.000 o € 4.000, nel caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione di lavoro, dai precedenti € 2.000 e € 2.500. Al fine di beneficiare dell’incremento dell’importo su cui applicare l’imposta sostitutiva è necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano con lo scopo di favorire un impegno ” dal basso” che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro.

Potranno usufruire dell’aliquota agevolata tutti i lavoratori che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente inferiori a € 80.000.

Altro aspetto di sostanziale cambiamento deriva dalle possibili scelte che il lavoratore può effettuare in alternativa al premio di risultato in denaro. Infatti la legge di Bilancio fornisce al dipendente la possibilità di poter usufruire di fringe benefits in alternativa al premio di risultato in denaro. Ciononostante l’eventuale tassazione prevista per il bene in natura chiesto segue le proprie regole di imposizione e non gode dell’aliquota del 10%.

Il comma 184-bis prevede altre tre ulteriori ipotesi che consentono una valida alternativa al lavoratore in sostituzione del premio.:

  • contributi all’assistenza sanitaria integrativa;
  • contributi alle forme pensionistiche complementari;
  • in azioni;

che non concorrono alla formazione del lavoro dipendente in ogni caso, derogando i limiti precedentemente indicati (rispettivamente € 3.165,20, € 5.164,57 ed € 2.065,83).

In sintesi gli ultimi interventi del legislatore hanno:

  • ampliato il ventaglio di interventi promuovibili attraverso un piano welfare (art. 51);
  • eliminato il vincolo di volontarietà da parte del datore di lavoro (art. 100 T.U.I.R.);
  • reso vantaggioso promuovere il welfare aziendale tramite accordi di II livello;
  • dato la possibilità al dipendente di poter convertire in tutto, o in parte, il Premio di produzione in welfare aziendale.

Dr Alessandro Raimondi
Consulente del Lavoro



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